Ci sono imprese colossali che vengono narrate da tutti, ci colpiscono per la loro immensità, ci ispirano e ci fanno sognare.
Ci sono poi le storie minuscole, spesso nascoste nell’ombra delle storie più imponenti, senza però le quali esse non esisterebbero.
Sono racconti fatti da uomini di tutti i giorni, che si sono distinti per il loro intelletto e per la loro scaltrezza.
Questa è una di quelle storie.
È il 1908 e siamo a Detroit, nello stato del Michigan, negli Stati Uniti e in una piccola fabbrica chiamata Piquette, Henry Ford sta progettando la prima catena di montaggio che avrebbe avuto lo scopo di produrre ed assemblare la prima automobile.
Innovazione delle Ford Model T
Tra le problematiche incontrate ci fu un fattore tanto piccolo quanto significativo.
Le viti utilizzate fino a quel momento erano anche le più diffuse grazie alla semplicità produttiva, ovvero le viti con testa a taglio.Per i meno esperti della nomenclatura tecnica, le viti a taglio sono quelle che nella parte più alta, presentano una fessura lunga che attraversa l’interezza della testa e dalla sezione piatta.
Durante l’assemblaggio della Model T, i cacciaviti utilizzati scivolavano spesso all’esterno del taglio, ferendo le dita degli operai, rallentando la produzione e non garantendo una chiusura ottimale nel tempo a causa della torsione applicabile dall’attrezzo.
Un inventore e venditore canadese, nella sua vita privata, stava per mettere fine a questo problema, iniziando inconsapevolmente la rivoluzione del design delle viti, grazie ad una vita dall’incavo quadrato.
Peter Robertson e il suo ingegno
In realtà, una vite dall’inserto quadrato era già stata inventata nel 1875 da Allan Cummings, un uomo di New York che aveva cercato di risolvere lo stesso problema con la stessa soluzione.
La sua versione era però estremamente complessa da realizzare su larga scala, e il costo del processo produttivo non sarebbe valso il beneficio di utilizzo.
Roberson nel suo modello definì un design più cuneiforme per l’incavo squadrato, permettendo così di realizzarlo tramite lo stesso stampo della produzione della vite, mantenendo così gli stessi costi e lo stesso prezzo finale, ma aggiungendo nuovi vantaggi.
Questi fattori, uniti al talento di vendita di Robertson, segnarono l’inizio di una diffusione massiccia di questo nuovo prodotto.
Arrivò ben presto anche tra le mani di Henry Ford che, adottando questa nuova soluzione riuscì a ridurre sia i tempi di produzione che, di conseguenza, anche i costi.
Forte di questi benefici, Ford chiese un contratto di esclusività a Robertson, che però fiducioso della potenzialità del proprio brevetto, decise di non firmare, lasciando così le viti “Robertson” di dominio pubblico.
Standard produttivi di oggi
Sono passati tanti anni da allora e molti modelli di viti, specifici per ogni situazione, sono insorti da tutte le parti del mondo.
Basterebbe farsi un giro dentro un negozio dedicato al fai-da-te per sprecare ore davanti ai singoli cassetti per viti, cercando di capire quale testa e quale dimensione sarebbe la più adatta al nostro caso.
Tante opportunità significano anche grandi competitor da affrontare in un mercato che mai vedrà una riduzione, a fronte di una domanda sempre più crescente negli anni.
Per riuscire ad emergere nella grande distribuzione, aziende come ipl-plus hanno puntato tutto sulla personalizzabilità del proprio ordine, focalizzandosi su qualità e quantità.
Basterebbe navigare qualche minuto sul loro sito www.ipl-plus.it per farsi un’idea generale del mondo che oggi definisce la vastità di viti, tiranti e dadi.
Dietro alle più grandi opere ingegneristiche moderne c’è un mondo di piccole innovazioni che passano spesso ingiustamente inosservate.
Dobbiamo però ricordarci che proprio quei piccoli dettagli che verrebbero definiti insignificanti, costituiscono i pilastri su cui si regge tutta una produzione.
Senza la sicurezza e gli standard produttivi precedentemente citati, l’innovazione non solo proseguirebbe a rilento a causa di ulteriore ricerca e sviluppo, ma sarebbe anche più costosa ed irrealizzabile.