Un italiano all’estero, dicono, lo riconosci dalla gestualità. Appena varchi il confine ed entri in un negozio qualsiasi, ti rivoltano un’occhiata e non puoi che ammettere quello che stanno pensando: si, sono italiano. E ce ne vantiamo pure. Non è solo uno stereotipo, siamo effettivamente la popolazione che usa con maggiore frequenza le mani e i gesti, ma anche proprio tutto il corpo, per comunicare.
La lunga storia
È dai tempi di Cicerone a Roma, se non prima, che usiamo il linguaggio del corpo per le più svariate ragioni. La famosa arte oratoria era incentrata anche nella gestualità, per coinvolgere il pubblico e trascinarlo verso il consenso delle proprie tesi. La usiamo ancora oggi, la usano i politici per convincerci, le pubblicità, i più abili venditori. Noi la pratichiamo da millenni, ormai neanche ce ne rendiamo più conto quanto ce l’abbiamo nel sangue questo modo di comunicare. Fa parte di noi ed è, tra l’altro, una pratica difficilmente insegnabile, i bambini crescono imitando e non ci applichiamo veramente ad insegnarglielo, verrà tutto in modo naturale questa impronta ‘Made in Italy’.
Gli stranieri in Italia
Qualcuno si è inventato, e ci ha guadagnato, su questo: provare a insegnare, soprattutto agli stranieri provenienti da Paesi lontani e culture diverse, l’arte italiana della gestualità. E così sono stati pubblicati libri, e sono nati dei corsi apposta per tentare di fargli comprendere questa antica tradizione e per riuscire a comunicare con noi con più facilità, quando magari ancora la lingua manca. I corsi più avanzati combinano l’insegnamento della lingua alla gestualità corrispondente, e sembra produrre migliori risultati, ma forse perché semplicemente si divertono di più.
Gli italiani all’estero
Sfruttiamo spesso la nostra gestualità all’estero, quando sappiamo poco, o male, la lingua. E pensiamo, speriamo, di farci capire, non comprendendo che sia davvero una cosa confinata nella nostra penisola. Non tutti gesticolano come gli italiani, usano tante e diverse espressioni, ogni Paese ha la sua cultura e la nostra è incentrata anche su quei gesti che però non appartengono anche agli altri, che quindi molto spesso non ci capiscono. Per noi sembra impossibile ma è così. Ripensandoci, se uno stesso segno significa qualcosa di diverso a seconda del movimento più o meno marcato o unito all’espressione facciale, come possiamo pretendere che sia capito facilmente? Ammettiamolo che dobbiamo imparare una lingua, almeno un po’ d’inglese, per avere un minimo di garanzia di essere comprensibili al resto del mondo. I gesti non bastano.
L’inglese e gli italiani
La nuova generazione ormai l’inglese lo mastica più o meno correttamente, grazie alle scuole, ai corsi più approfonditi, e soprattutto alla facilità con cui si viaggia. Quelli che non sono più dei giovincelli, si arrangiano come possono, magari frequentano anche dei corsi e viaggiano, ma non è così semplice impararlo e rendere i discorsi fluidi. Ci si affida alle applicazioni di traduzione istantanea, per capirsi velocemente e senza grossi fraintendimenti, e le aziende si affidano alle traduzioni online come https://www.bantelmann-translate.de/ che garantiscono un uso della lingua corretta e appropriata per ogni situazione e, soprattutto, documentazione. Dopo tutto, anche l’arte dell’arrangiarsi è tipicamente italiana.
Le radici ben salde
Forse questa repulsione per un’altra lingua ha radici lontane, ancorate nella nostra storia che passa dalla lingua più importante d’Europa, il latino, la lingua del grande Impero Romano, per poi trasformarsi nel volgare italiano. La lingua del Sommo Poeta, che noi consideriamo la lingua più bella del mondo e che piano piano si è trasformata nella nostra, anche se ormai è colma di inglesismi che l’hanno un po’ sporcata. Il mondo intero dovrebbe imparare l’italiano solo per leggere La Divina Commedia nel testo originale, per capirne il vero senso, la perfezione e la poesia sublime. Gli stranieri, che si approcciano le prime volte con noi, dicono che sembra che stiamo cantando, più che parlando. Questa melodia, unita alla gestualità, ci fanno sembrare probabilmente sempre su un palco a dare spettacolo, ma comunque protagonisti.